Mia recensione su Roma sì di Febbraio
COSMOPOLIS
Don De Lillo,
Einaudi, 2003.
Eric Packer è un giovane finanziere ricco, anzi ricchissimo. Tanto da
poter avere un appartamento di 48 stanze, con una vasca per lo squalo, una
cella per la meditazione,una palestra, la sala gioco, il cinema, la piscina. É
talmente ricco da permettersi di comprare la cappella Rothko
anche se appartiene al mondo, perché, come dice lui “É mia se la compero”.
Questa è la filosofia di vita di un uomo estremamente intelligente che ha fame
di tutto: di cultura, di soldi, di sesso, di potere, ma anche di
annichilimento. Eppure Eric, in questo giorno cruciale per la sua esistenza,
desidera una cosa semplice: vuole tagliarsi i capelli dal suo barbiere di
fiducia, lo stesso che tagliava i capelli a suo padre, il solo che lo possa
riportare con i ricordi a se stesso e alla propria storia. Desidera andarci
talmente tanto da affrontare un viaggio lungo un giorno nella sua limousine in
una New York in preda al delirio di una manifestazione anticapitalista, alla
visita del Presidente, al funerale del suo cantante preferito e alla minaccia
di uno stalker. E in una giornata, all’interno della limousine, gli capiterà di
tutto: si farà un check up medico, riceverà i suoi consulenti, assisterà alla
morte di un uomo che si dà fuoco per strada e alla fine della sua ricchezza.
“Cosmopolis”, scritto da Don DeLillo, è uscito nel 2003 per
Einaudi in Italia. La particolarità di questo verboso romanzo, ricco di
dialoghi talvolta surreali e di ripetizioni dei pensieri (tratto distintivo di
De Lillo), sta nel fatto che le vicende di Eric si svolgono nell’arco di una
giornata con una linearità cronologica coerente e sono narrate in terza
persona, mentre le riflessioni di Benno Levin, lo stalker che lo minaccia, sono
in prima persona e aprono squarci sul passato di entrambi i personaggi
sottoforma di flussi caratterizzati da salti continui da un argomento all’altro
e da un tempo all’altro.