can che abbaia non morde (quasi mai!!!!)

deliri semiseri

domenica, ottobre 21, 2012

HUNGER GAMES-che i giochi abbiano inizio

ecco il mio articolo su Roma sì di ottobre!
buona lettura!



HUNGER GAMES
Suzanne Collins, Mondadori, 2009



Il mondo come lo conosciamo ormai non c’è più. Il nuovo regno, Panem, è diviso in Distretti, 12 in tutto, ognuno specializzato nella produzione di un bene che va a ingrassare e arricchire i cittadini di Capitol City, la città sovrana, consumistica e superficiale che tiene in scacco il resto del territorio conosciuto.
Un tempo esisteva un tredicesimo Distretto che provò a ribellarsi, ma Capitol City reagì bruscamente soffocando nel sangue la rivolta e attuando misure fortemente repressive nei confronti di qualsiasi forma di libertà. Il risultato fu la fame, la povertà, l’isolamento e la sottomissione. Da quel giorno, ogni anno, a Panem si svolgono gli Hunger Games, ovvero i “giochi della fame”: ogni Distretto è obbligato a mandare due Tributi, un maschio e una femmina tra i dodici e i diciotto anni, a Capitol City, e tutti quanti si dovranno sfidare in un duello all’ultimo sangue in un’arena creata ad hoc.
Un crudele reality show da cui dovrà uscire un solo vincitore, un campione che verrà ricoperto d’oro e benefici, a monito perpetuo della sovranità di Capitol City, padrona incontrastata delle esistenze altrui.
Katniss e Peeta, i due Tributi del Distretto 12, lotteranno con tutte le forze, e non lo faranno solo per sopravvivere, ma anche per instillare il germe della rivolta, il ragionevole dubbio che qualcosa si può fare per cambiare la situazione di fatto. Impareranno che le strategie non sono scevre da effetti collaterali e che in un’arena dove tutti sono contro tutti, i sentimenti possono essere un’arma potente.
“Hunger Games” è solo il primo capitolo di una trilogia che narra le vicende di Katniss e del suo mondo post-apocalittico.
Uscito negli Stati Uniti per la prima volta nel settembre 2008, il libro ha raggiunto un notevole successo di pubblico raggiungendo i 16 milioni di copie vendute. Successivamente è stato tradotto in 40 paesi, continuamente ristampato, e è uscito in Italia nel 2009 edito da Mondadori.
L’autrice Suzanne Collins ha iniziato la sua carriera nel 1991 come sceneggiatrice di programmi per bambini e ha raggiunto il successo proprio con questa trilogia che le ha valso la nomina  del “Times” tra le 100 più influenti personalità nel 2010.
L’idea  degli Hunger Games pare le sia venuta mentre faceva zapping tra le immagini dei reality show e quelle della guerra in tv.
Probabilmente l’idea del libro può affondare le radici anche nella mitologia: i Tributi dei dodici Distretti richiamano alla memoria i sette fanciulli e le sette fanciulle mandate in sacrificio da Atene a Creta per placare la fame del Minotauro.
In questo caso, però, il Minotauro è la società moderna, e il fine degli Hunger Games è quello di allietare e divertire il pubblico della capricciosa Capitol City, in un reality show che scatena le bassezze e il voyeurismo del genere umano: gli spettatori guardano, scommettono, si “affezionano” ai Tributi quel tanto che basta a divertirsi, e infine si compiacciono delle scene più truci. Il Governo, dal canto suo, trasmette soltanto le “finestre” sul reality che risultino funzionali allo spettacolo puro e all’intrattenimento, evitando di incrinare la credibilità e la liceità delle Istituzioni.
Quello che delinea la Collins è un universo distopico in cui prende corpo l’incubo del superamento dei confini etici in nome della propria sopravvivenza.
Eppure Katniss troverà il modo per uscirne, usando come strategia l’unica cosa che nell’arena degli Hunger Games non può proprio aver spazio: il sentimento. E da pedina diventerà stratega, ma forse finirà pur sempre per usare il cervello e non il cuore, incapace di far ordine nei propri sentimenti come è giusto che sia per una ragazzina adolescente (seppur costretta a crescere troppo in fretta).
Nel maggio di quest’anno è uscito nelle sale il film di “Hunger Games” diretto da Gary Ross.
Suzanne Collins ne ha curato personalmente la sceneggiatura, e in effetti il film non si discosta particolarmente dalla visione complessiva del testo di partenza. Solo alcuni passi sono stati omessi e altri semplificati, come spesso accade nella maggior parte delle trasposizioni cinematografiche.
Anche i flashback e le spiegazioni dell’antefatto e della genesi degli Hunger Games si avvalgono nel film di mezzi più funzionali a una narrazione prevalentemente visiva (la storia di Panem è presentata con un filmato di Capitol City, ma nel libro è narrata dal sindaco del Distretto 12).
Una sostanziale differenza tra il libro e la trasposizione sta nel fatto che nel primo l’Io narrante sia Katniss, mentre nel film la narrazione si svolga da sé: in questo modo si perde tutto il travaglio personale di Katniss e non si capisce quali siano i veri sentimenti che nutre per Peeta, l’altro Tributo del suo Distretto, né quali siano i confini tra la strategia e la spontaneità.
A parte queste precisazioni sia il romanzo che il film generano immediatamente l’ansia di vedere come va a finire la vicenda, perché parlano di un vero incubo che in fin dei conti ci riguarda tutti, affondando le radici nel timore ancestrale di essere manipolati e di non avere accesso a un’informazione libera e disinteressata.
Forse per questo Stephen King ha dichiarato che “E’ un romanzo che da assuefazione”: si vuol vedere come va a finire, come se la cava in tutto questo Katniss, come ce la caveremmo noi.


LIBRI E FILM PER RESTARE IN TEMA
  • LA NEVE SE NE FREGA, di Luciano Ligabue, Feltrinelli, 2004
Breve e delicato romanzo che narra le vicende di una coppia nel 2166, in un mondo regolato dal Piano Vidor (un insieme di regole ferree nate per garantire l’ordine e la sicurezza del mondo), in cui si nasce vecchi e si muore neonati. In un sistema in cui gli uomini vengono generati da sofisticate macchine e classificati, accoppiati e strettamente sorvegliati dal Governo come se fosse un Grande Fratello, una gravidanza è solo una fonte di pericolo per la stabilità, e, infine, un disordine ormonale da correggere. Nell’incubo di un’esistenza prestabilita si fa strada il sentimento, il vero motore della natura umana.

  • ROLLERBALL diretto da Norman Jewison (USA 1975)

Nell’anno 2018 una nuova organizzazione del mondo ha assicurato la pace e la stabilità.
La rabbia repressa degli uomini trova una valvola di sfogo in uno sport brutale senza esclusione di colpi, un ibrido tra pattinaggio, motociclismo e hockey: il rollerball.
Jonathan, campione indiscusso da ormai dieci anni, entra in contrasto con gli alti dirigenti che pretendono le sue dimissioni.
Lui, ovviamente, non ci sta, e nella serata della finale a New York otterrà la sua vittoria sul Sistema.


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